Riflessioni a 50 anni dal Concilio Vaticano II
con Paolo Ricca, pastore valdese
SINTESI DELL’INTERVENTO (nostra elaborazione)
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Commento alla “Unitatis Redintegratio” (“Restaurazione dell’Unità”) – decreto della Chiesa cattolica sull’Ecumenismo, approvato con 2137 voti a favore e 11 contrari dal Concilio Vaticano II e, solennemente promulgato il 21 novembre 1964 da papa Paolo VI. Il documento dichiara come uno dei principali compiti del concilio “promuovere il ristabilimento dell’unità tra tutti i cristiani”
Quando si parla di concilio, si parla di svolta. Oggi alcuni sostengono che non c’è stata la svolta, che il concilio è stato un “concilio nella continuità della tradizione cattolica”. Quest’ultima affermazione impone una riflessione. Necessita cioè capire se coloro che negano la svolta è perché non la vedono, o se, pur vedendola, la negano perché la temono.
Il concilio infatti può essere letto in modi diversi.
Per alcuni la chiave di lettura è data dalla continuità con la tradizione cattolica; costoro sostengono che il cattolicesimo romano si è rinnovato ma sostanzialmente è rimasto fedele a se stesso; leggono il nuovo alla luce e nei limiti del vecchio, convinti che il nuovo non può cambiare il vecchio. Altri hanno come chiave di lettura la novità del concilio rispetto alla tradizione cattolica e sostengono che il cattolicesimo romano è profondamente cambiato, non è più quello che è stato nei secoli precedenti; leggono il vecchio alla luce del nuovo; il nuovo, cioè, contestualizza il vecchio in modo nuovo.
Ecco il concilio consiste di queste due realtà: da una parte i testi, dall’altra qualche cosa che non possiamo leggere ma che solo coloro che lo hanno conosciuto sono in grado di riferirlo, cioè lo spirito del concilio.
Paolo Ricca ha seguito i lavori del Concilio dal primo giorno fino all’ultimo e afferma che lo spirito del concilio, per la maggioranza dei padri, era uno spirito di novità, di rinnovazione, non era riproduzione dell’antico. Se uno legge i testi senza lo spirito li travisa perché, come sappiamo, i testi (come sempre) sono anche testi di compromesso e li si può leggere come si vuole. Fondamentale è leggere con lo spirito del concilio, uno spirito di movimento, di creazione, sottolineando il nuovo rispetto al vecchio, perché questa è fedeltà al concilio.
L’intervento del relatore consta di tre parti: racconta tre “fatti,” poi presenta cinque “perle” ed infine tre “problemi” che accompagnano il cammino ecumenico oggi.
Il primo fatto: un giudizio radicalmente nuovo sul movimento ecumenico da parte del concilio.
Il termine “movimento ecumenico” è entrato nel linguaggio cattolico con il Concilio, prima non c’era; prima la Chiesa cattolica riserbava il termine ecumenico a se stessa. E’ vero che oggi non c’è ancora nulla di ecumenico, c’è solo un movimento, una direzione. Una realtà che raccolga tutti i cristiani non esiste ancora. Nel 1938 Pio XI con la sua enciclica “Mortalim animos” parla del movimento ecumenico pancristiano; ma questo movimento non ha senso perché dice di cercare l’unità dei cristiani, ma questa esiste già: è l’unità cattolica [cum Petro e sub Petrum]. Il Vaticano II fa una cosa radicale, diversa: capovolge il giudizio sul movimento ecumenico. Il nuovo ecumenismo è iniziativa dello Spirito Santo!
Il secondo fatto: i documenti conciliari all’inizio dell’elaborazione erano fatti da uno schema, cioè erano una bozza che serviva nella discussione.
Nei primi schemi del documento sull’ecumenismo c’era un capitolo intitolato “Principi dell’ecumenismo cattolico”: questo sottolineava l’idea che ci potesse essere un ecumenismo cattolico e quindi un ecumenismo protestante, un ecumenismo ortodosso… Un’assurdità, in quanto è come dire che non è ecumenico. Ebbene, c’è stato un cambiamento: il titolo dice “Principi cattolici dell’ecumenismo”; questo significa che il movimento ecumenico è unico, trasversale, attraversa tutta la Chiesa, tutte le chiese e le trascende perché l’ecumenismo è così per sua natura. Nell’affermare che il movimento ecumenico è unico, il Concilio dimostra di aver capito cos’è l’ecumenismo, che non può essere proposto in chiave confessionale. Esprime cioè un altro modo di ragionare.
Terzo fatto: la presenza di osservatori delegati di tutte le grandi confessioni dall’inizio alla fine.
II che non sarebbe stato quello che è stato senza la loro presenza.
Questi tre fatti danno già l’impressione d’una svolta!
Le perle:
“i cristiani delle altre chiese… giustificati nel battesimo dalla fede [questa era il grande tema di Lutero] sono incorporati a Cristo [fanno tutt’uno col corpo di Cristo], e perciò sono a ragione insigniti del nome di cristiani; e dai figli della chiesa cattolica sono riconosciuti fratelli nel Signore…fede, speranza, amore” Cosa manca a questa affermazione per dire che siamo una comunità? Questo cancella cinquecento anni di negazione di tutto questo. I valdesi erano qualificati “eretici da evitare” ora con il Concilio Vaticano II tutto questo è cancellato. Dopo il concilio sono “fratelli separati” dalla sede romana ma non dai fedeli!
Seconda perla: “tra gli elementi o beni dal complesso dei quali la stessa Chiesa è edificata… alcuni, anzi parecchi e segnalati possono trovarsi fuori dai confini visibili…” Allora se c’è tutto questo fuori dai confini visibili della chiesa cattolica cosa manca a queste chiese per essere Chiesa di Cristo? Si afferma che ci sono confini visibili e quindi confini invisibili, ma questi non coincidono con quelli visibili. Dove finisce la Chiesa di Dio? Non con i confini della mia chiesa. Questo scompagina tutto il quadro: relativizza le chiese storiche e mette in luce la comunità spirituale fra tutti quelli che amano Cristo. Dove c’è fede, speranza e amore lì c’è Chiesa. Se questo è fuori dei confini della chiesa cattolica… c’è un’implicita rivoluzione ecclesiologica rispetto a quella tradizionale.
Altra perla: “le chiese e le comunità separate… nel mistero della salvezza non sono affatto prive di significato e di peso poiché lo spirito di Cristo non disdegna di servirsi di esse …” significa che tu chiesa evangelica sei strumento di salvezza. Da notare che le chiese diverse dalla cattolica sono sempre state considerate da quest’ultima strumenti di devianza, di perdizione. Ma qui c’è una novità, c’è discontinuità: ci sono cose mai udite.
Quarta perla: “.. chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a una continua riforma… di cui ha un continuo bisogno…” qui è introdotta la categoria della riforma che è sempre stata temuta, piuttosto sconsigliata, mai raccolta perché legata al protestantesimo. In realtà la chiesa cattolica ha avuto continue riforme dal monachesimo in poi , ma dopo Lutero questa parola è diventata tabù. Quanto affermato dal Concilio è dirompente.
Quinta perla: “esiste un ordine o gerarchia nelle verità della dottrina cattolica perché diverso è il loro nesso con il fondamento della fede cristiana”, cioè non tutte le verità della chiesa cattolica stanno sullo stesso piano. E’ il contrario di quello che affermava Pio XI nell’enciclica: “Mortalium animos”.
Questa affermazione della gerarchia delle verità cattoliche è l’affermazione ecumenica più importante di tutto il concilio, infatti, per il dialogo ecumenico stabilire quello che è centrale per la fede è strumento di enorme importanza.
Queste perle esistono, purtroppo non vengono mai menzionate, sono ignorate. Ma già sperimentiamo una chiesa trasversale, ecumenica che esiste e che viviamo.
Problemi:
La partecipazione degli osservatori delegati al Concilio, che fu cattolico, evidenziava simbolicamente che la Chiesa cattolica non voleva più essere sola. Solo insieme possiamo testimoniare l’essere cristiani nel mondo di oggi, fuori dall’autosufficienza delle varie chiese. Il problema dell’autosufficienza è uno dei problemi che il concilio ha cercato di superare. Le chiese, abituate da secoli a vivere e a pensare da sole, come se le altre chiese cristiano non esistessero, continuano a fare la stessa cosa. Ogni Chiesa dice: sono sufficiente a me stessa per rappresentare Cristo! Questo è l’opposto di quello che l’ecumenismo vuole. Ecumenismo, infatti, è “non voglio più essere cristiano senza di te”, non sono autosufficiente, ho bisogno di te per essere cristiano. Purtroppo, oggi, siamo ancora nell’era dell’autosufficienza, del “basti a te stesso”. Non c’è ancora neanche un tavolo di dialogo tra le diverse chiese cristiane per vedere cosa si può dire insieme come chiese cristiane. Non c’è un cristianesimo dialogico perché ancora legato al modello dell’autosufficienza.
Secondo problema: nel 2017 i protestanti celebreranno i cinque secoli di esistenza, ma non c’è ancora un parere condiviso di quello che è stato l’evento della riforma protestante. E’ stata una deviazione? una riforma? la nascita di un nuovo tipo di cristianesimo? C’è una incapacità di dire cosa è stata questa riforma; le varie chiese non cattoliche nascono da questo evento, quindi è importante cercare di capire a fondo insieme cosa è stata questa riforma.
Terzo problema: cosa ci vuole, cosa é essenziale all’unità cristiana affinché si possa dire: “sono cristiano, condivido il cristianesimo con te”? Per i primi cristiani la condizione unica per essere considerati cristiani era dire che Gesù è il Signore, tutto il resto era secondario, superfluo rispetto alla costruzione della comunità cristiana. Sicuramente noi abbiamo complicato enormemente la questione dell’unità cristiana; bisogna ridefinire quali sono le condizioni essenziali per essere uniti; tutte le chiese cristiane hanno il “credo”, se si crede e si condivide tutto quello che viene proposto, questo basta e avanza per essere uniti.
Il Concilio è stato veramente una svolta. Compito nostro molto arduo, non aspettiamo di essere aiutati dall’alto ma lavoriamo dal basso, è quello di andare avanti nella svolta che il concilio ha individuato.